13 Febbraio: il movimento non si processa!


Il 13 febbraio, il Tribunale di Milano emetterà la sentenza di primo grado verso alcuni studenti attivi durante il periodo delle mobilitazioni studentesche dell’ Onda del 2008. Si tratta di uno dei quattro procedimenti aperti dalla Magistratura verso 62 studenti per un totale di 200 denunce che vanno dall’interruzione di pubblico servizio, alla manifestazione non autorizzata, a violenza a pubblico ufficiale.
Colpendo gli studenti che si sono battuti con più decisione, si tenta di rinchiudere dentro i tribunali un grande movimento, che da ottobre 2008 e dicembre 2009, si è battuto sia contro la riforma Gelmini, sia contro le politiche neoliberiste di governo e Confindustria.Le nostre rivendicazioni non riguardavano soltanto l’ambito studentesco: collegarsi alle lotte dei lavoratori, contro i licenziamenti, o contro l’ulteriore precarizzazione della forza del lavoro, erano parole d’ordine assunte da buona parte del movimento.
Dei quattro procedimenti imbastiti contro gli studenti attivi in quel periodo, due si sono già conclusi con l’assoluzione. La logica di difesa degli imputati ha sempre cercato di ribadire come in quel periodo il movimento fosse partecipatissimo e che le accuse non potevano ricadere esclusivamente su alcuni. Questa è stata una logica vincente in quanto è riuscita a riportare i motivi politici della lotta all’interno delle aule del Tribunale ed è una delle ragioni che ha scagionato gli studenti dalle accuse.
Il 13 febbraio verrà emessa la sentenza per uno degli ultimi due processi. Riguarda il tentativo di un corteo di studenti del 21 Ottobre 2008 che cercò di bloccare la stazione di FN Cadorna di Milano.
Ancora una volta, la logica che questura e magistratura seguono è quella di colpire chi negli anni ha continuato a portare avanti i propri percorsi di lotta all’interno delle proprie situazioni quotidiane, in questo caso le università.
Pensiamo che la risposta migliore da dare ad un attacco repressivo sia continuare la lotta: riportare la questione dalla aule dei tribunali agli studenti, ai giovani lavoratori che hanno dato vita a quelle mobilitazioni e che ancora oggi si battono, significa sviluppare una memoria collettiva, da anteporre alla “memoria giudiziaria”, che pone le basi per affilare la critica per le future mobilitazioni ed è allo stesso tempo l’esempio migliore che si possa dare verso le giovani generazioni.
Per questo motivo, chiediamo a chiunque voglia portare solidarietà di uscire quel giorno con un comunicato e delle parole d’ordine comuni, che dimostrino l’unità di chi quotidianamente lotta contro l’università-azienda e il sapere-merce, difendendo i propri diritti.



Di seguito il volantino distribuito al corteo di Teramo del 9/02 contro la repressione e per chiedere la liberazione degli arrestati del 15 ottobre e di tutti coloro che sono in carcere o sotto processo perché lottano per un lavoro, istruzione pubblica, uguaglianza tra generi, contro il razzismo e la discriminazione.

CHI CONTROLLA IL PASSATO, CONTROLLA PRESENTE E FUTURO

Sei condanne per 6 anni e 30.000 euro di risarcimento ciascuno con l’accusa di devastazione e saccheggio, reato lasciato dal ventennio fascista.
E’ questo il prezzo che paga chi sceglie di scendere in piazza, lottando per i propri diritti e che non accetta il vedersi rubare il proprio futuro dalla macchina dello sfruttamento del lavoro, dalla precarietà e dalla disoccupazione.
Come realtà studentesche che lottano ogni giorno dentro le nostre università contro il processo di aziendalizzazione e la mercificazione del sapere, riteniamo che la nostra presenza sia un piccolo gesto di solidarietà a chi viene colpito dalla repressione.
Ricordiamo infatti cosa fu quel 15 ottobre 2011, una giornata durante la quale una pluralità di soggetti sociali portava in piazza ognuno le proprie rivendicazioni.
Chi ha pagato il conto sulla gogna pubblica per quella giornata, sono stati però compagni e compagne, isolati dalle magistrature. La volontà degli organi repressivi e dei mezzi di informazione, infatti, è stata quella di svalutare le reali motivazioni che hanno spinto migliaia di persone a partecipare a quella giornata di lotta, con l’intento di depotenziarne il contenuto politico.
Pensiamo che in parte questo scopo sia stato raggiunto, in quanto, solo adesso con tremendo ritardo, ci ritroviamo ad affrontare le conseguenze di questa repressione.

Cambiano le strategie, ma gli obiettivi rimangono gli stessi: il 13 febbraio, presso il Tribunale di Milano verrà emessa la sentenza di primo grado verso alcuni studenti attivi durante il periodo delle mobilitazioni dell’Onda del 2008. La logica in questo caso è quella di colpire chi negli anni ha continuato a portare avanti i propri percorsi di lotta all’interno delle università.

Quello che consideriamo necessario ai fini di dare una risposta adeguata agli attacchi repressivi, è il tentativo di rilanciare i motivi delle lotte che tutti i giorni ci portano nelle piazze e nelle strade, e saper difendere le nostre ragioni davanti a chi ci attacca. Sviluppare una memoria collettiva, da anteporre alla “memoria giudiziaria” significa prima di tutto porre le basi e affilare la critica per le future mobilitazioni; allo stesso tempo è l’esempio migliore che si possa dare verso le giovani generazioni.
Di conseguenza è anche importante non abbandonare nessuno a se stesso e continuare a sostenere le lotte durante i processi e le carcerazioni; d’altronde la Valsusa ci insegna “si parte e si torna insieme”.


LA SOLIDARIETA’ E’ UN’ARMA, USIAMOLA!

LIBERARE TUTTI VUOL DIRE LOTTARE ANCORA!


Red-net_Rete delle realtà studentesche autorganizzate

Leave a respond

Posta un commento