Non si vende, anche se non funziona

La seguente è una riflessione. Personale. Ristretta. Probabilmente banale e già sentita. Laddove si parla di università mi riferisco specificamente alle facoltà umanistiche.
Più che altro, è uno sfogo.

L'Università è stata molte cose, in passato. E' stata il luogo dove le elìtes del potere ecclesiastico consolidavano il loro gergo da chierici, le loro sottigliezza da teologi. E' stata la culla dell'indipendenza del sapere scientifico, il luogo dove la voce tortuosamente filosofica delle migliori menti giustificava e sottolineava le fondamenta etiche del potere dell'uomo sull'uomo. E' stata una nicchia prepagata dove la società coltivava i suoi frutti migliori. E' stata la speranza di un avanguardia del pensiero connessa alle masse.
L'università è stata la brace della rivoluzione, è stata la madre delle bombe, è stata l'acuminata autocoscienza della rivoluzione, ovunque.
La serpe in seno di un sistema che non riusciva a sbarazzarsene nè a farne a meno.
Pienamente cosciente di quanto questo non rappresenti un riassunto in nessun modo bastevole, ma solo una serie di scialbi acceni, proseguo comunque incurante. La storia non insegna, checchè le frange posthegeliane insistano a volerne dire.
Poichè si pone ad ora un problema interessante, un affascinante rompicapo per il rivoluzionario di domani. Un problema di teoria e di prassi, strategico e dannatissimamente tattico, una pioggia di merda sulla testa di tutti noi.
Cosa ne faranno di tutto ciò.
Le bandiere con su scritto "cultura", le grida all'assassinio delle migliori menti, le lamentazioni funebri sulla carenza assoluta di sensibilità umanistica del Mondo Nuovo che ci assale su tutti i fronti sono insufficienti. Non servono.
Banali masturbazioni di un popolo di accademici passati presenti e futuri, troppo occupati a masticarsi i denti per vedere se stessi in prospettiva. Addestrati a considerarsi il culmine, non rivelano a se stessi di avere sempre avuto, di avere la necessità pressante di una FUNZIONE, nello schema di ciò che esiste, nella Struttura delle cose.
Non è certo in funzione della cultura accademica che si vive, nessuno di noi. Noi si vive per essere vivi, si vive per continuare a farlo e a farlo più forte. Si vive per il rispetto e l'amore di altri uomini e donne, si vive per il denaro ed il piacere che si può comprare con esso. Si vive per la soddisfazione degli appetiti grossi e di quelli sottili, per lo stomaco e per la necessità di autorappresentazione che ci si ostina a chiamare anima.
Questa stessa autorappresentazione, affidata ai sacerdoti intorno al fuoco, ai tamburi sacri di un mondo tribale, poi alle liturgie ed ai canti dei poeti, ai filosofi e all'ordine che essi imponevano al mondo, dalle cattedre di un università. Adesso, e sarò l'ultimo di un esercito a dirlo, è Mtv a rappresentare. E' la pubblicità, undici secondi di quello-che-dovresti-essere.
Cosa abbiamo da dire più sul mondo noi, che lo spiamo da dentro una nave in secca. Cosa sappiamo che non sia già morto e sepolto, portato via dallo scorrere in costante accellerazione di giorni abrasivi?
Che fare? (ha-ha)
Il nemico è cambiato, incendiari amici. Il mondo non ha più una matrice a cui opporsi. Il sessantotto era l'opposizione bruciante alla cultura borghese retrograda ed oppressiva, il colpo mortale al senso stagnante di istituzioni figlie del potere. La sovrastruttura che giustificava il male ed il peggio, le forme di vita e pensiero che andavano demolite nella teoria, prima che nella pratica. Pensando che fosse quello il cuore, che quando si fosse riusciti a sbattergli in faccia le incongruenze e le crudeltà i numerosi nemici non avrebbero potuto altro che andarsi a nascondere in qualche polveroso buco per la vergogna.
Quanto era futile tutto ciò.
La contraddizione è palese: i figli di coloro che volevano distruggere e disgregare l'accademia e la corrotta fonte di menzogne schiave del potere che essa rappresentava, rifondare l'intero corpo della cultura da sotto a sopra e farne faro della nuova epoca difendono ora con le unghie e con i denti i rimasugli delle infrastrutture rimaste. Sperano in un esitazione, in un vacillare di chi ha già deciso che tutto questo va cancellato.
Scavalcati dalla tecnica, non ci siamo accorti che da anni è impossibile affrontare il nemico politico sul terreno delle idee, che sbattergli in faccia le sue contraddizioni non serve. Quanto siamo borghesi e radical chic, a pensare ed agire per le orecchie educate di coloro che possono capirci, ad avere ragione sempre, in maniera sempre più articolata, e a subire l'astio vero di chi non ha che il marketing, vero specchio del mondo, ad indicare la via.
Il nuovo cavalcante analfabetismo che pensiamo di vedere nei dodicenni, è il nostro nuovo analfabetismo. E' il segno che saremo presto muti e sordi, a lottare con la pelle vuota del serpente in un arena che egli ha già abbandonato da tempo.
Nel Mondo Libero, il sapere non rafforza le fondamenta del sistema. Non ha alcuna funzione eccetto generare la nostra insofferenza esistenziale, dunque non serve ad un cazzo.
Basta con la coscienza critica. Non gliene frega nulla a nessuno delle critiche, fino a che non raggiungono un adatto livello di diffusione.
E non ti puoi opporre "nel tuo piccolo" a quello che è enorme, e non è affatto tuo. E' già una resa, questa, rinunciare allo spazio politico per una opposizione frammentata e personalistica che non riuscirà mai a guardare negli occhi un nemico.
Per cui, io propongo le bombe.


Lorenzo

(in realtà, questo post doveva concludersi con un invito a ripensare il livello politico e più profondamente il ruolo dell'accademia nel mondo. Ma era una chiusa talmente noiosa...)

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